La Locandiera
di Carlo Goldoni
regia Giampiero Cubeddu
aiuto regista Alfredo Ruscitto
con Marina Serra, Gaetano Lubino, Mario Lubino, Italo Delogu,
Carlo Valle, Teresa Soro, Alessandra Spiga e Pasquale Poddighe
scenografia Giovanni Lubino, scenotecnica Scenosist
disegno luci Marcello Cubeddu
“La Locandiera”, uno dei capolavori indiscussi di Carlo Goldoni scritta nel 1752, è una commedia in cui prevalgono le costruzioni a tutto tondo di personaggi che sono antitetici alle macchiette. Tutto è sobriamente calcolato e disposto da escludere ogni interpretazione nella chiave succitata. Il lavoro è imperniato su due temi: la passione e la finzione. In tutta la commedia non vi è un personaggio che almeno una volta non finga. E’ talmente raffinata la escogitazione delle finzioni da ricordare addirittura Pirandello. Il marchese squattrinato finge di essere ricco, mentre non lo è affatto. Il conte che si pavoneggia delle sue nobili origini, che il realtà ha comprato. Le due attrici si fingono dame, quando invece non lo sono. Questa commedia si presta ad una lettura in chiave etnica grazie alla ricchezza smagliante di toni, colori e situazioni presenti. La scelta in chiave etnica nasce anche dal fatto che ci troviamo di fronte alla costruzione di un personaggio femminile straordinario, una delle figure più importanti della storia del teatro che vede come protagonista una donna. L’uso della lingua presupporrà una commistione tra italiano, sassarese e una sorta di “pigging” derivato dal sapiente uso di un italiano ricco di influenze delle varianti linguistiche della Sardegna. E’proposta dalla Compagnia Teatro Sassari, per la regia di Giampiero Cubeddu, in una interessante e divertente rivisitazione bilingue (sassarese e italiano) che ha incontrato i favori del pubblico. La compagnia con questo lavoro prosegue uno dei suoi progetti più importanti ed interessanti, quello della messinscena dei classici del teatro italiano e non. “La Locandiera” si fa apprezzare per la godibilità e per l’efficace costruzione drammaturgica, nonché per l’organicità, per la complementarità dei diversi caratteri, per la coerenza e freschezza del linguaggio. Al centro della vicenda Mirandolina, uno dei più bei caratteri femminili designati da Goldoni. Si diverte a prendere in giro i nobili che le fanno la corte e che frequentano la sua osteria. Il Marchese di Forlipopoli, una sorta di cicisbeo proveniente da un illustre casato caduto in disgrazia. Il Conte D’Albafiorità, uomo molto ricco ma di origini meno nobili che vuole conquistare l’amore della bella locandiera attraverso costosi regali di diamanti e brillanti. In questo triangolo si inserisce il cavaliere di Ripafratta cha si vanta di non essersi mai innamorato di una donna , e per questo viene sedotto e poi abbandonato da Mirandolina che sposerà molto saggiamente il mite e innamorato servitore Fabrizio. In questa girandola di caratteri sono molto belle le figure di Ortensia e Deianira, due attrici che si fingono nobili e che verranno smascherate dalla seducente locandiera.
foto di Michela Leo