La faradda di li macchi


di Leonardo Sole

allestimento scenico e regia Giampiero Cubeddu

aiuto regia Alfredo Ruscitto

con Mario Lubino, Teresa Soro, Chicca Sanna, Michelangelo Ghisu, Gianni Sini, Maurizio Giordo e Emanuela Di Biase

luci e fonica Marcello Cubeddu

“La faradda di li macchi”, liberamente ispirato al “Pozzo dei pazzi” di Franco Scaldati, è un testo comico pur con situazioni tragiche estreme e con una spettacolarità d’immediata comunicativa. Al centro della vicenda Zinzura e Bisibisi, due barboni della Sassari del dopoguerra primi anni 50, legati fra di loro da un rapporto di grande amicizia, fatto di solidarietà e di violenza. Incontano “Sorighitta”, anche le barbona, matta come un cavallo che viaggia con una gallina di cui è profondamente innamorata, oltre che con il pennuto parla con le mosche che acchiappa con le mani. La trama diventa così la storia di Bisibiisi e Zinzura che cercano di rubare alla matta la gallina per potersela finalmente mangiare; ma quando riescono nell’intento ci rinunciano. Bisibisi scopre infatti, di essersene innamorato anche lui In parallelo si corre un’altra storia quelle di due giovani innamorati in fuga, che finiranno tragicamente. Ma in questo girone infernale entrano in scena altri due derelitti- anche lo con le loro storie di emarginazione, personaggi brutali, indifesi, bestiali e fanciulleschi. Sono storie che s’intrecciano, come nel “Sogno” Shakesperiano, senza confluire l ‘una nell’altra, unite solo dal luogo che le ospita,una sorta di discarica sommersa dai rifiuti. Ciò che colpisce è il fascino che deriva dall’uso della lingua sassarese,  che con un’autore come Leonardo Sole assurge a grande lingua. In quest’opera affascina la cruda, minimale, triviale, l’opera è infatti consigliata ad un pubblico adulto e pur struggente scrittura. Si è di fronte ad un vocabolario bestiale, vieto, limitato ma capace di esprimere anche grazie alla potenza esornativa del suono e degli accenti dell’idioma sassarese una poetica straordinaria ed inquietante. 

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