Emilio Lussu, Capitano della Brigata Sassari

di Michele Pio Ledda

regia Giampiero Cubeddu

aiutoregia Alfredo Ruscitto

con Marco Spiga, Mario Lubino, Vittorio Sanna, Teresa Soro, Alessandra Spiga, Chicca Sanna, Maurizio Giordo, Michelangelo Ghisu,

Pasquale Poddighe, Alessia Ambus, Gaetano Lubino, Italo Delogu, Daniele Monachella, Stefano Chessa, Carlo Valle e Raffaele Bussu

costumi Arrigo, armi Rancati, calzature CCT

scenotecnica Antonio Sisto

 luci, fonica e audiovisivi Marcello Cubeddu

I protagonisti della vicenda sono per usare un’espressione retorica dell’epoca “gli intrepidi sardi della Brigata Sassari che hanno combattuto e conquistato posizioni con ammirevole slancio espugnando le trincee del nemico”. Questo è un passo del bollettino diffuso  nel novembre del 1915. C’è da notare che mai prima di allora un bollettino di guerra aveva indicato  il nome di una brigata in fatto d’armi. E Giuseppina Fois nella sua “Storia della Brigata Sassari” con grande acume riporta in luce dei documenti che rivelano la grande considerazione che si erano considerati i sardi :” Il Sardo intrepido e feroce. L’attendente che vendica il suo ufficiale ferito. Piccoli diavoli dagli occhi nerissimi. Soldati fedeli e silenziosi”, e così via. Quello che s’intende sottolineare con questa drammatizzazione è l’estraneità, così come la definisce il Lussu, del fante pastore-contadino alle motivazioni del conflitto e nel contempo l’estraneità ,per certi versi criminale, del personale del Governo e degli stati maggiori ai bisogni materiali, alle esigenze morali di una massa proletaria che gli alti comandi abituati al dispotismo credono di poter piegare all’impegno in guerra attraverso un regime disciplinare duro e alla minaccia costante del plotone d’esecuzione. Tutto ciò  per paura che queste masse potessero organizzarsi , protestare , ribellarsi perché stanche ed esasperate di subire continue angherie da parte di  generali e ufficiali ottusi . Ma questo calcolo si rivelò errato. Un po’ perché il pastore contadino proviene da un’isola dove alto e il tasso di  analfabetismo,anche politico. Inesistente  l’organizzazione operaia socialista,  ad eccezione  dei minatori del Sulcis Iglesiente, dei battellieri di Carloforte e degli operai del sughero di Tempio. Inoltre il reclutamento su base regionale ha impedito che i pastori-contadini sardi si mescolassero con altri provenienti da quelle regioni d’Italia , dove   grazie ad una maggior industrializzazione, le idee socialiste  diffuse fra le masse, avevano creato malcontento e un sentimento di forte avversione nei confronti della guerra.  La rappresentazione vuole essere  inoltre un omaggio a quei poveri contadini - soldati che non appaiono sui libri di storia,  c che sacrificarono la vita, spesso per la insipienza e e per il sadismo dei loro comandanti.  Vuole evidenziare l’insensatezza degli ordini superiori e la vacuità stupida dei generali rispetto all’umanità profonda dei soldati in prima linea. Vuole  soprattutto  dare voce racconti di questi poveri reduci che attraverso le loro testimonianze  ci fanno riflettere  sull’assurdità delle guerre.  

foto di Michela Leo

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